venerdì 16 dicembre 2011

Nell'uscire dal roveto.

Non commento la poesia, si commenta da sola.

Il brutto del molto "sentire" è che ci si brucia con una scintilla, e che si soffre per quella bruciatura come per un coltello nel fegato.



Cenere grigia, nient'altro rimane
Nel vento che un tempo
Lieve spirava di brezze e profumi.
Mi persi, seguendo
Dolci fragranze di rosa, fin dentro un
Roveto, cercando, in
Vano, trafitto da spine nel corpo,
Nell'animo, un'ombra
Fresca che fosse ristoro per me. Ma
Quei rovi eran fitti,
Lacero e stanco dovetti accettare
Che quello non era il
Luogo bramato: il profumo portato
Dal vento spirava
Solo per me, che sentivo nel cuore il
Bisogno d'un prato,
Fresco di fiori, laddove potessi
Trovare ristoro.
Eccomi adesso, in ginocchio nel fango,
Lo sguardo soffermo
Sopra quel cielo nel quale la luna
Svanisce sottile, il
Cielo che piange con lacrime fredde
Per me che lo guardo.

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