mercoledì 7 ottobre 2009

Stesso spunto, due poesie

Entrambe queste poesie nascono da un componimento che ho scritto un anno e mezzo fa su un vecchio quaderno, oggettivamente improponibile.

La prima è stata riscritta circa sei mesi fa, mentre la seconda l'ho finita da qualche giorno.
Personalmente, preferisco il secondo componimento: è più breve, ma fatto meglio.



Quando le tele d'infami demiurghi
Ci avvolgono come sogni oscuri
Dove corriamo esausti e disperati,
In fuga da quel che sempre cerchiamo.

Quando il ricordo si fa impalpabile
Come memoria perduta, di altri,
Dove noi non abbiamo alcun posto
E non ne avremo mai in futuro.

Quando il tempo inclemente ci incalza
Come carcere selvaggio, e duro,
Dove il tessuto del fato ci stringe
Fra le sue odiate spire letali.

Quando il mondo ci crolla sopra il capo,
Come nemico ancestrale e spietato.

Quando annaspiamo in mari crudeli,
Neri di tempesta e disperazione.

E quando il pensiero è tortura atroce,
Ferita auto inflitta da tristi eoni.



Ci opprimono le tele, alte nel cielo,
Strozzando l'urlo dell'ultimo spirito.
Infami, le hanno volute i demiurghi
Forti e nere, per meglio intrappolare
Le ali nostre, striscianti sull'asfalto
Di strade troppo strette per volare
Oltre i grattacieli, oltre le alte torri,
Oltre le gabbie di fumo striato
E oltre ogni altra loro savia menzogna.

Nessun commento:

Posta un commento