lunedì 19 ottobre 2009

Qualcosa di corposo

L'altro giorno, stimolato da una discussione su un forum dove la si banalizzava in una delle mille teorie da far impallidire Giacobbo sotto acidi, ho ricordato la leggenda ebraica, presente anche sulla bibbia, dei nephilim (per chi non la conoscesse: http://it.wikipedia.org/wiki/Nephilim ).

Ho pensato che, rifacendosi alla versione originale, il tema potrebbe essere trasferito molto bene in poesia, una poesia d'amore tragico e impossibile. Così, mi sono messo di buona lena e ho iniziato a scrivere.
Non sono ancora arrivato alla fine di questa fatica, ma c'è già qualcosa di apprezzabile da leggere.
In futuro, i prossimi aggiornamenti di poesie saranno il proseguimento di questo componimento, in quanto voglio terminarlo prima di passare ad altri lavori.


Dal profondo dei cieli, oltre la luce

Vegliava sul mondo, spirito eletto.

Sua era la speranza, volto mai truce,

Provava per gli uomini grande affetto.

Era un custode, angelico guardiano,

Forte e giusto, baluardo dei mortali.

Il mondo egli osservava da lontano

Lui solo, fra gli spazi siderali.

E vide un giorno il tuo volto, lo vide

Mentre alzato il capo tu sorridevi;

E come un naufrago fra le acque infide

Brama le spiagge, brama sabbie lievi

E nulla sente di desiderare

Più di quel dolce tocco sulla pelle,

Così l'angelo si scopre ad amare

Una giovane dalle chiome belle.

E allora egli lascia la sua alta sede,

Spinto da amore che forte richiama.

Nella discesa nient'altro egli vede

Se non quel bel volto che lui tanto ama.

Nella discesa la luce lo ammanta,

Mentre egli si veste di forma umana.

Nella discesa la sua anima canta,

Vibra nel cosmo melodia lontana.

Dopo eoni, gli pare, giunge alla terra,

Poiché lunghi gli istanti anche ai beati

Rende la passione quando li afferra;

Giunge alla terra sui suoi piedi alati.

Allora, beato, lui le si accosta;

Brillano gli occhi, e bello è il sembiante,

Ma la sua vera natura è nascosta,

La sua sede gloriosa ormai è distante.

E lei lo vede, bello più del sole,

Maestoso e dolce, simile e lontano.

La incuriosisce: sapere ella vuole

Chi è mai costui, uomo dal volto strano.

“Straniero, domanda, “chi mai voi siete?

Inusuale è il vostro aspetto, da re.”

L'angelo risponde parole liete

“Sono venuto”, risponde, “per te.

Da lontano ti ho ammirata, in passato,

Mentre osservavo, con te, il mondo intero.

Ti ho vista crescere e fiorire, grato,

Ma senza intendere il prodigio vero

Che ha fatto di te, bambina normale,

Il fiore del mondo, dolce e perfetta,

Ragazza di cui non esiste eguale,

Ché in te nessuna virtù mai difetta.

Solo vedendoti giovane e adulta,

Vedendo i tuoi capelli, come seta,

Il tuo volto su cui beltà esulta

Io ti ammirai, con l'anima inquieta;

Ti ammirai come per la prima volta

Sentivo amore sbocciare copioso,

E compresi che se tu mi fossi tolta

Ne soffrirei, sarei senza riposo.

Sì, per questo ho lasciato le mie sedi;

Poiché senza di te non io non son niente,

Son venuto qui da te, come vedi.”

“Dolce straniero, l'anima mia sente

Qualcosa, per voi. Ma troppo è il mistero,

Troppa la maestà: donde arrivate?

Siate voi con me, vi prego, sincero,

Se davvero così tanto mi amate.”


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